Variazioni cromatiche del giorno e della notte

 

Forte risulta l’impatto materico negli ultimi lavori di Fiocco. I temi sono quelli ricorrenti: il cavallo, la bottiglia, il cuore (come carta da gioco?), la torre degli scacchi, l’albero.

E’ sempre però il cavallo perno fisso, costante, di questo mondo evocato, a metà fra l’osservazione attenta e il riporto di percezioni, di fantasie sognate (o pensate) a partire, appunto, da uno spunto reale, che viene però come rielaborato e infine restituito come archetipo. Così l’animale cavallo osservato con estrema simpatia, si trasforma in una sorta di FORMA CAVALLO non più reale, in quanto versione ultima e definitiva di un processo di elaborazione, che tocca e coinvolge anche ricordi e/o nostalgie personali (il cavallo a dondolo, evocato in forma stilizzata, ma ancora ben comprensibile), cavallo come custode di un mondo abitato dai riferimenti cari a Fiocco, quasi punti fermi di una poetica circoscritta, ma significativa: la bottiglia (intesa qui come semplice oggetto o non piuttosto come mezzo per introdursi nel dominio delle sensazioni?) il cuore onnipresente (carta da gioco? Cifra dei sentimenti? rischio di delusione amorosa? segno tangibile dell’azzardo sentimentale?) qualche fiore, talvolta, più spesso “cartoline” sparse (o almeno così vengono recepite) come quelle che si dispongono a caso su un pannello o disposte dietro il vetro di una credenza, per evocare viaggi, affetti, persone e luoghi lontani e ancora l’albero (vero o di carta).

E’ un mondo, quello di Fiocco, che vive in apparente disordine, come se gli elementi descritti agissero da soli, ciascuno per sé. In realtà, a ben considerare, essi costituiscono parole, frasi, pause e periodi di un discorso figurativo che si sviluppa attorno ad un tema fisso, centrale, che poi si carica di variazioni sul tema, di divagazioni e che infine ritorna, e si conclude, sulle premesse.

Fiocco ha affrontato, nel suo percorso, vari “passaggi” o momenti stilistici, che connotano il costante evolversi della sua poetica interiore. L’uso stesso delle cromie accompagna e sostiene in modo tecnicamente funzionale le scelte tematiche.

Così, da momenti più aperti ad una impostazione cromatica chiara e di matrice figurativa (la fase dei “fiori”) si passa ad altre composizioni, impostate su registri scuri, tono su tono, dove prevale nettamente l’aspetto informale, concettualmente più severe e di resa materica compatta.

Talvolta, una nota di rosso introduce un forte timbro cromatico, quasi un elemento dissonante, che rivela e potenzia la tensione sopita del contesto.

Ora Fiocco sta elaborando un percorso cromatico tutto incentrato su una drammatica dicotomia bianco/nero e si concentra con impegno su contrapposizioni nette, che poco concedono al “piacevole”, come correntemente si intende.

Questi ultimi lavori sono quasi monocromi e si impongono all’attenzione per un taglio compositivo essenziale, ma elegante.

L’impaginazione della composizione non consente divagazioni e il risultato dimostra una acquisita maturità.

Il mondo di Fiocco, a ben guardare, è sempre lì (il cavallo, il cuore, l’albero, la bottiglia) ma impaginato in modo più secco, come nella composizione “Cavallo pensante con alberi che danzano”; dal fondo nero indistinto (come un incubo, o un lontano ricordo, senza tempo, senza riferimenti di luogo) emergono in primo piano “presenze” un po’ inquietanti, quasi una sfida o un invito a un qualcosa che abbiamo in noi stessi.

In “Cavallo su piedistallo e trasparenze confuse” Fiocco si concede invece una limitata incursione nella divagazione cromatica, con inserti di rosso, ocra e grigio.

In tutte queste opere si deve considerare l’impegno che l’artista ha profuso nelle scelte tecniche operate per tradurre in immagini la sua visione delle cose (del mondo? della vita come gioco, come inganno? ricordo di chi, di cosa?).

Non sfugge l’impiego massiccio e sapiente della tecnica mista, che rende tangibili le elucubrazioni dell’artista.

La scelta non certo casuale dei supporti (tela di lino preparata, a volte tela grezza di juta, quella “di sacco”, per intenderci) e l’uso delle varie tecniche a disposizione, dal tradizionale olio alle terre colorate, all’acrilico, agli smalti sintetici, ai pastelli con tocchi finali di matita e/o carboncino, agli inserti in collage di carta velina e/o giornale, sono dettati da precise esigenze.

Potrebbe apparire sfoggio di bravura questo uso dei materiali. In realtà basti pensare a certi Maestri indiscussi del Novecento che ne fecero largo uso, come Picasso la “tecnica mista”, come Fiocco ha ben compreso, è strumento efficace e suggestivo per affidare al mezzo materico l’esigenza di tradurre e rendere immediatamente concreto quanto l’artista  vuole esprimere con diverse sfumature di intensità.

 

Prof. Mauro Cova

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Variazioni oltre il colore

 

Colore, puro colore che si trasforma in orma cromatica anche quando espresso nel solo ruolo di segno, per Michele Fiocco che investe con il suo impeto pittorico ogni spazio possibile sulla superficie del quadro.

L’occhio dell’osservatore ne è calamitato, come da un fuoco danzante. La corposa consistenza dell’impasto coloristico vibra, si conforma e si ribella all’immagine trattata, oppure si raggruma in ostinati anfratti di valenza profonda.

Ma l’artista sa orchestrare ogni stesura, riuscendo a conferire organicità all’erompere delle forme, alla tridimensionalítà del colore. Imprime cosi, coerenza alla struttura, sia nelle tele dinamiche e tempestose - a volte con un fondo cavernoso, carico di attese e di emozioni oltre la visione del quadro - sia nelle opere più sussurrate, dove tumulto e tensione sembrano placarsi per dare spazio all’oggetto dipinto nel suo più essenziale significato di presenza.

Totalizzanti, imponenti, ma intense, pensose, le tele a soggetto floreale, dove l’abilità tecnica sfida il gioco della massa inerte del colore inserendo sorprendenti e contrastanti accensioni luminescenti, oppure ombre picchiettate di un blu surreale, di un verde laccato, di grumi gialli o aranciati da cui sboccia la corolla vorticante di un girasole o la bocca carnosa di un fiore immacolato. Diventa il fiore non solo soggetto del quadro, ma testimonianza della grande suggestione, della poliedricità e della molteplicità degli echi segreti che esso suscita nell’artista. Intrecciarsi di corolle che si cercano come mani, espansione di tinte vigorose, giochi di petali liberi sono un riferimento indistinto ma autentico al punto di congiunzione fra il mondo sensibile e la spiritualità.

Infatti, oltre la forma, il fiore sembra volere trattenere il senso della bellezza, non cedere alla fragilità e alla brevità del suo esistere, essere anima immutabile contrapposta alla caducità.

Nella pittura di Fiocco è anche evidente una crescente esigenza di eleganza, una ricerca di variazioni che vengono poi restituite alla tela con raffinata maestria.

Il linguaggio si fa più contenuto, mira a frenare il colore in favore di una rarefazione delle strutture compositive, o a utilizzare il composto cromatico unicamente come astrazione.

Un intendimento che emerge soprattutto nelle nature morte, che il pittore fa affiorare da una base aspra e sabbiosa atta a stemperare, a rendere l’oggetto più che una raffigurazione concreta un pensiero, un ricordo. Elaboratamene costruite, ma esatte ed essenziali, le nature morte non vogliono rappresentare solo una porzione di realtà. Si sprigiona dagli oggetti dipinti una forza significante che li trasforma in espressione lirica, in armonia.

Un piatto di frutta, un bicchiere, una bottiglia, un vaso composti o assiepati in uno spazio atemporale sembrano essere rimossi dal loro ambiente umile, annoiato, colloquiare attraverso un intimo legame fatto di relazioni di tono, disporsi dentro una stessa sfera che conferisce loro una nobile distinzione, ma anche incantesimi, corrispondenze fantastiche, atmosfere irreali.

Una sensazione similare scaturisce anche dalle figure femminili, fragili, racchiuse in una forma ovulare, ma icastiche, possenti. Se pure delineate con colori violenti, appaiono le immagini, nell’insieme, come sembianze delicate, quasi spettrali. Composte e intersecate da infiniti fili aggrovigliati, disobbedienti a percorsi, sorprendentemente riescono sempre a ricondursi ad un insieme inequivocabilmente figurativo, come se gli elementi costruttivi, così visualmente differenziati, sapessero assumere una singola identità. Il colore rimane però per l’artista come il più esaltante elemento di prova.

Lo conferma la più recente avventura pittorica.

Densi spazi monocromi, movimentati da frangiature e da dripping fanno da invito ad inserimenti in vetro. Minuscoli oggetti, piccoli cavalli svettano sulla base mai da protagonisti ma come elemento complementare alla vitalità dell’effetto cromatico che diventa confluenza di luce.

Fiocco raggiunge però notevoli livelli di espressività anche quando si cimenta nell’arte della grafica.

Splendide le sue creazioni in bianco e nero, dove coniuga forza e delicatezza attraverso le variazioni tonali dei grigi, i contrasti del buio e della luce abbinando alla forza incisiva, la leggerezza di una visione. Sono opere che riprendono le tematica del fiore e delle nature morte, ma l’artista riesce a trasferirle, depurate e liricamente ri-inventate, nella sintesi delle sue esperienze sensibili e tecniche.

                                     

Vera Meneguzzo

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prof. Umberto Zaccaria

 

La pittura di Michele Fiocco, si é venuta sempre più delineando in questo ultimo periodo, la necessità di procedere sempre più liberamente al limite dell’informale. E’ veramente esemplare la sua capacità di rapportare tecniche e tempi di lavoro ad un unica matrice creativa, la sua, così disposta alla trasfigurazione della “realtà” così semplice nell’umiltà di un impegno; la sua ricerca tende ad allontanarsi sempre più da ogni appiglio figurativo, verso una progressiva semplificazione della forma: anche l’impasto materico fatto di olio e smalti, tende ora farsi meno denso con pennellate agili e accostamenti cromatici  attenti ai valori tonali.

Ora sono le composizioni di Fiocco ad accompagnarci in questo lucido viaggio della fantasia. Sugli strati sovrapposti il segno scava la materia e crea ritmo con la felicità di chi vuol raccontare un suo mondo quasi proibito. Pare proprio che questa “natura” di piante, di fiori, di frutti, sia chiaramente un pretesto per evasioni di fantasia, per situazioni emotive che investono “dopo non prima” la realtà, per simbolizzarla secondo scansioni interne a cui la natura docile sembra arrendersi. In questa visione, (ripiani di natura con fiori, composizione N 1, composizione N 17, composizione N 12, composizione N 23, quest’ultima una delle più interessanti, questi sono alcuni titoli di opere) spesso costruiscono, con i loro incastri carichi di vibrazioni tutta la composizione del quadro, che unifica la scena inventata con un movimento che investe tutti gli elementi dell’opera, che unifica la scena secondo una cadenza che sa di nostalgia di slanci repressi. Talvolta é lo stesso colore di fondo, ora rosso, marrone, bianco, che sembra giustificare perfino la scelta dei contenuti e la forza degli stessi segni, la loro frantumazione, in un rapporto tratto-colore che ora facilita  la lettura ora  irrigidisce volutamente il tratteggio; la materia stessa scabra e pur calda, penetra le “composizioni” con un forte timbro poetico. Quando poi la struttura da centralità al quadro, il segno si fa più ampio e ruvido vedi (composizione N 23 e 12 ) la lacerazione della superficie più evidente, e ad essa sembrano ricollegarsi la varie linee-forza che da lì si dipartono in  preziosi arabeschi informali, ai quali il segno, ora più o meno fitto, consente di infrangere la visione bidimensionale e accentuarne, in una terza, una imprevista profondità. La padronanza delle tecniche e la perfetta simbiosi di Michele Fiocco, che tende sempre più verso la non forma, consentono il verificarsi di una continua invenzione di armonie segniche e cromatiche, pur nell’inconfondibile e pregnante coerenza con la propria impronta personale.

 

prof. Umberto Zaccaria

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